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I compositori e strumentisti italiani nati nella seconda metà dell’Ottocento possono essere visti come i figli di una vera e propria rivoluzione culturale risorgimentale. Una rivoluzione indotta dalla necessità di creare una nuova identità musicale nazionale, sganciata dal ruolo iconico e dominante dell’opera. Di fatto, per gran parte del XIX secolo la tradizione operistica aveva soggiogato quella strumentale, che iniziava a ritrovare particolare impulso e diffusione solo dopo il 1860.

È il caso dei tre compositori qui rappresentati (Sinigaglia, Fano, Massarani), i quali hanno raccolto a pieno l’eredità dei maestri predecessori ma che, come loro, hanno pagato lo scotto di essersi trovati a vivere in un momento storico transizionale. Come in un limbo tra il “vecchio” e il “nuovo”, tra il Romanticismo - ormai del tutto esaurito nel resto d’Europa, e i primi bagliori di un nuovo linguaggio musicale che si sarebbe presto avviato verso la destrutturazione con le avanguardie del Novecento. Eppure il risultato dei loro lavori è degno di interesse storico e performativo, e dicono molto sulla necessità di riscoprire una larga parte della storia della musica italiana. Certamente, la loro comune estrazione ebraica e la conseguente censura delle leggi raziali dei primi anni trenta del Novecento possono aver favorito in certa misura l’oblio caduto su questi nomi. Tuttavia, una più accurata analisi musicologica attende di essere compiuta per analizzare le ragioni di quel vuoto storiografico, nel quale si perde quello scorcio di romanticismo italiano, per passare in modo repentino alla modernità.

Federica Nardacci, musicologa

Riccardo Pes and Pierluigi Piran - Studio session at Radio Koper Capodsitria (Slovenia)

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